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2008-11-29

Il tasso Bce per i nuovi mutui scatta solo per la prima casa

di Rossella Bocciarelli

commenti - |Stampa 29 novembre 2008

"Sarà un diritto riconosciuto al risparmiatore, non più una graziosa concessione".

Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti spiega così la "soluzione al 4%" rivolta a chi ha sottoscritto o intende sottoscrivere un mutuo immobiliare a tasso variabile contenuta nel provvedimento anti-crisi varato ieri. Una soluzione che riguarda le prime case e non, come ha chiosato ancora Tremonti "le ville o i castelli". E sempre limitata alle prime case sarà la possibilità (opzionale) di applicare il tasso Bce come riferimento per i nuovi mutui. Sono tutte novità dell'ultim'ora apportate durante il consiglio dei ministri.

"Sui mutui presenti a tasso variabile – ha affermato il ministro durante la conferenza stampa – il decreto dice che il tasso per il privato non può comunque superare il 4% rispetto alla base storica. Se la supera, il Governo interviene e si accolla il differenziale".

Altra regola è quella che vale per i nuovi mutui. "Da qui in avanti – ha commentato il ministro – il riferimento per i mutui è il tasso di riferimento per la politica monetaria della Bce. Su questo tasso, poi, la banca può fare il prezzo che vuole, ma lo deve dichiarare".

In tal modo, ha aggiunto, "abbiamo riconosciuto al risparmiatore due diritti: il diritto a non andare oltre il 4% dell'Euribor e non oltre il tasso di sconto per i mutui nuovi. E il tetto alla rata sarà un diritto, non più una graziosa concessione".

Nel dettaglio, il testo stabilisce che l'importo delle rate del mutuo a tasso variabile a carico del mutuatario nel corso del 2009 ha un tetto massimo del 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione. Nel caso in cui il tasso di interesse del contratto dovesse essere minore di tale ammontare, ovviamente chi ha contratto il mutuo continuerebbe a pagare la cifra già stabilita. Questa disposizione si applica ai mutui prima casa sottoscritti o rinegoziati entro il 31 ottobre 2008.

La differenza tra gli importi a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni contrattuali è assunta a carico dello Stato, anche se a condizioni ancora da definire nel dettaglio. Per i nuovi contratti di mutuo, sottoscritti a partire dal primo gennaio 2009, viene poi stabilito che le banche che concedono mutui a tasso variabile garantiti da ipoteca, finalizzati all'acquisto della prima casa, devono assicurare ai clienti la possibilità di stipulare questi contratti usando come base il tasso di rifinanziamento principale della banca centrale europea; il tasso complessivo sarà in linea con le altre forme di indicizzazione utilizzate. Un'ulteriore disposizione del provvedimento detta infine delle regole di pubblicità e di trasparenza per le aziende di credito, che saranno tenute a trasmettere alla Banca d'Italia periodiche segnalazioni con tutte le caratteristiche di tasso, prezzi e di quantità erogate.

La veste definitiva del provvedimento, messa a punto durante il consiglio, tiene conto delle forti preoccupazioni espresse nei giorni scorsi dalle aziende di credito verso il rischio di una disposizione lesiva della propria autonomia imprenditoriale. Preoccupazioni che non sembrano definitivamente scomparse, se si legge in controluce il pur positivo commento rilasciato ieri dal presidente dell'Abi: "Il provvedimento, di cui condividiamo le finalità – ha affermato Corrado Faissola – ha infatti un contenuto estremamente vasto, che tocca numerosi settori in cui le banche sono attive, e merita un attento approfondimento, anche tecnico, che ci metta in grado di assicurarne un'efficace e convinta applicazione".

 

 

 

Decreto anti-crisi. Cosa cambia per i mutui?

di Maximilian Cellino

28 novembre 2008

Tetto al 4% sui vecchi mutui prima casa a tasso variabile per tutto il 2009 e indicizzazione al tasso ufficiale Bce sui nuovi prodotti sottoscritti dopo il primo gennaio. Il decreto anti-crisi rappresenta un tentativo del Governo in soccorso dei risparmiatori in difficoltà con il caro-rata, ma cosa cambia all'atto pratico per le famiglie italiane? Al momento (e qualora i termini del decreto dovessero essere confermati) è difficile dare una risposta, tutto dipenderà dall'andamento dei tassi interbancari (gli Euribor ai quali sono indicizzati i mutui variabili sottoscritti finora) nei prossimi 12 mesi.

Rate in calo del 2-8% per i vecchi mutui

Scattando una fotografia ai valori di oggi (l'Euribor a 1 mese, parametro di riferimento per due terzi dei finanziamenti variabili, è al 3,57%) il "risparmio" che si può ottenere dipende dallo spread (cioè dal ricarico) praticato da ciascuna banca: se si prende in esame un prestito da 100mila euro contratto nel dicembre 2005 (prima della stagione di rialzo dei tassi), la rata mensile con il tasso calmierato al 4% (compreso spread e altre voci) scenderebbe a 610 euro, con un effetto positivo rispetto ai valori attuali che varia dal 2 all'8% a seconda appunto dello spread applicato (vedi tabella).

I tassi interbancari (tranne la parentesi di ieri sulla scadenza a un mese) sono però in continuo calo da inizio ottobre e, con la nuova sforbiciata che la Banca centrale europea si appresta a dare già da giovedì prossimo sul costo del denaro, c'è da mettere in conto che possano continuare a scendere fino a rendere le mosse del decreto poco più che virtuali. Un esempio? Se l'Euribor di riferimento dovesse scendere sotto il 3%, anche aggiungendo uno spread dell'1% il mutuo in essere avrebbe un tasso inferiore al tetto del 4%. È dunque probabile che le sole forze di mercato siano sufficienti ad alleviare le difficoltà dei mutuatari, anche senza l'intervento del Governo che, vale la pena di ricordarlo, è per il momento limitato al solo 2009. In questo modo il decreto anti-crisi, per quanto attiene al tema mutui, verrebbe ad assumere una valenza essenzialmente precauzionale: nel caso il tasso dovesse superare il 4% sarebbe lo Stato ad assumersi il pagamento della rata.

Nuovi mutui

Anche per quanto riguarda l'indicizzazione dei nuovi prestiti variabili al tasso ufficiale Bce anziché all'Euribor, gli effetti saranno da misurarsi nel tempo. Il tasso fissato a Francoforte (ora al 3,25%) è infatti generalmente inferiore rispetto all'interbancario, oltre che più trasparente e meno volatile. Resta però da vedere in che modo questa innovazione verrà tradotta in pratica dalle banche, che di norma si finanziano al tasso Euribor e potrebbero quindi chiedere un prezzo superiore in termini di spread per coprirsi dal rischio di eventuali crisi sui mercati interbancari.

Sul tema il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, è stato piuttosto chiaro: "Per i mutui futuri – ha detto in conferenza stampa – la base di riferimento sarà il tasso stabilito dalla Bce. Su quella base la banca può decidere cosa fare e lo deve comunicare". I primi prodotti di questo genere introdotti le scorse settimane (l'esempio di Bpm è stato seguito da altri istituti di credito) hanno fissato a 150 punti base (cioè l'1,5%) il ricarico a favore della banca: un prezzo mediamente più caro rispetto a quanto normalmente praticato sui prodotti tradizionali e che potrebbe perciò rendere inefficace l'innovazione. Dopotutto, se si guardano i dati statistici degli ultimi 10 anni (compresi gli ultimi mesi critici) l'Euribor a un mese è risultato in media più elevato rispetto al tasso ufficiale dello 0,16% (0,25% lo scarto a svantaggio del 3 mesi): il mutuo Bce risulterebbe quindi finanziariamente equivalente nel lungo termine a un prestito ancorato all'Euribor con spread compreso fra 125 e 135 punti base. Per avere un prodotto più conventiante, quindi, al risparmiatore non resterebbe che fare affidamento alle forze della concorrenza.

m.cellino@ilsole24ore.com

 

 

 

 

 

 

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